Una serie di studi autorevoli ha definitivamente evidenziato che la carne sarà la nostra rovina: per produrre la carne vengono immessi in atmosfera ogni anno ben 32,6 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio, cioè il 51% delle emissioni di gas serra prodotte ogni anno in tutto il pianeta!! WOW !! Questo è il risultato di una ricerca di due scienziati americani Robert Goodland e Jeff Anhang, co-autori di Livestock and Climate Change, uno studio pubblicato sull’ultimo numero dell’autorevole World Watch magazine Già uno studio della FAO del 2006 (leggi qui: Livestock's long shadow ) aveva destato grande scalpore ma questi ultimi dati sono ancora più catastrofici. Meditiamo. Forse in tutto questo c'è qualcosa che non va. E rileggiamoci quanto ha scritto in proposito il maestro vietnamita Thich Nhat Hanh:
Thây ha raccontato alla rivista Time la storia della coppia che mangiò la carne del proprio figlio – la storia raccontata dal Buddha nel Sutra della Carne del Figlio. Questa coppia, in viaggio con il loro bambino alla ricerca di asilo, si trovò ad attraversare il deserto. Non conoscevano bene le distanze, dunque rimasero senza cibo in mezzo al deserto quand'erano ancora a metà del cammino. I due adulti si resero conto che sarebbero morti tutti e tre, che non avevano alcuna speranza di raggiungere il Paese al di là del deserto, dove avrebbero potuto trovare asilo; alla fine presero la decisione di uccidere il loro bambino. Ogni giorno mangiavano un pezzo della sua carne per avere energia sufficiente per proseguire, portandosi poi in spalla il resto della carne del bambino, perché continuasse a essiccarsi al sole. Ogni volta che finivano di mangiare un boccone della carne del figlio, si guardavano e si chiedevano: ”Dove sarà ora il nostro amato bambino?”. Dopo aver narrato questa tragica storia, il Buddha si rivolse ai monaci e domandò: ”Pensate che questa coppia fosse felice di mangiare la carne del proprio figlio?” “No, Onorato dal mondo. La coppia soffriva, mentre era costretta a nutrirsi della carne del figlio”, risposero i monaci. Il Buddha insegnò: “Cari amici, dobbiamo nutrirci in modo da conservare la compassione nei nostri cuori. Dobbiamo mangiare in consapevolezza, altrimenti ci accadrà di mangiare la carne dei nostri stessi figli.” L'UNESCO ha denunciato che ogni giorno muoiono circa quarantamila bambini per fame o per carenze nutrizionali. Allo stesso tempo si coltivano enormi quantità di mais e di grano per nutrire il bestiame da allevamento (mucche, maiali, polli, ecc…) o per produrre alcool. Oltre l'80% del mais e il 95% dell'avena prodotti negli Stati Uniti sono cibo per bestiame. Nel mondo il bestiame da allevamento consuma da solo una quantità di cibo equivalente alle calorie necessarie a 8,7 miliardi di persone, più dell'intera popolazione terrestre. Quando mangiamo carne e beviamo alcool, se lo facciamo in presenza mentale ci rendiamo conto che stiamo mangiando la carne dei nostri stessi figli . Nel 2005 la FAO, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura, ha intrapreso una seria inchiesta sui diversi significativi impatti che ha sull'ambiente l'allevamento del bestiame, a livello mondiale. La sua relazione, intitolata La lunga ombra del bestiame da allevamento: Problemi e Opzioni Ambientali, è stata resa pubblica il 29 Novembre 2006. Henning Steinfeld, responsabile del Livestock Information and Policy Branch (organo di informazione sull'allevamento del bestiame) e autore principale della relazione riassuntiva, asserisce quanto segue: “ Il settore dell'allevamento si configura come uno dei due o tre principali e più significativi fattori di inquinamento ambientale ad ogni livello, dal locale al globale. I risultati di questa inchiesta invitano ad intraprendere un'azione politica più efficace nel trattare problemi come il degrado del territorio, i cambiamenti climatici, l'inquinamento dell'aria, la scarsità e l'inquinamento delle acque e la perdita delle biodiversità. L'implicazione dell'allevamento del bestiame nei problemi ambientali è massiccia ed egualmente ampio è il potenziale contributo che può dare alla loro soluzione. L'impatto è così rilevante che dovrebbe essere affrontato con urgenza.” (pagina XX) 1 . Degrado dei suoli. Attualmente l'allevamento del bestiame impegna il 70% di tutto il terreno coltivabile e il 30% dell'intera superficie del pianeta. Le foreste vengono disboscate per creare nuovi pascoli, il che costituisce un ulteriore spinta alla deforestazione. Per esempio, in America Latina, circa il 70% delle aree disboscate della Foresta Amazzonica è stato riconvertito in pascoli. (pagina XXI) 1 . Da queste cifre possiamo renderci conto come la produzione di bestiame abbia distrutto centinaia di migliaia di ettari di foresta in tutto il mondo per coltivare cereali e creare pascoli per animali da allevamento. Per giunta, quando si distruggono le foreste, enormi quantità di anidride carbonica conservata negli alberi vengono rilasciate nell'atmosfera. Cambiamenti climatici. La produzione di bestiame da allevamento ha un grave impatto sull'atmosfera e il clima. E' responsabile del “18% delle emissioni dei gas che causano l'effetto serra misurate in anidride carbonica relativa, percentuale più alta di quello prodotto dai mezzi di trasporto”. Questo significa che allevare animali da macello produce più gas serra di tutte le automobili e i camion del mondo messi insieme. Il settore dell'allevamento è responsabile del 9% delle emissioni di anidride carbonica e del 37% del metano di origine antropica (ossia legate alle attività umane), la maggior parte derivante dalla fermentazione intestinale che avviene nei ruminanti. Si tratta di una quantità enorme, perché ogni metro cubo di metano è in grado di intrappolare calore nell'atmosfera 23 volte di più dell'anidride carbonica (ossia il potenziale di riscaldamento globale (GWP) del metano è 23 volte maggiore di quello dell'anidride carbonica). La produzione industriale di carne, uova, latticini è anche responsabile del 65% delle emissioni di protossido di azoto di origine antropica, per la maggior parte derivante dal letame. Come gas responsabile del riscaldamento globale, il protossido di azoto è circa 300 volte più potente, dell'anidride carbonica (ha 296 volte il GWP dell'anidride carbonica). E' altresì responsabile di circa i due terzi (64%) delle emissioni di ammoniaca di origine antropica che contribuiscono notevolmente alle piogge acide e all'acidificazione dell'ecosistema (pagina XXI) 1 . Scarsità e inquinamento delle acque. Più della metà dell'acqua consumata negli Stati Uniti è usata per allevare animali da macello. Occorrono in media 20.815 litri d'acqua per produrre un chilo di carne. Allo stesso tempo servono solo 208 di acqua per produrre un chilo di grano. L'allevamento del bestiame negli Stati Uniti produce un'enorme quantità di escrementi animali, 130 volte più degli escrementi umani; ogni secondo gli animali emettono oltre 39 tonnellate di escrementi. ”La maggior parte dell'acqua impiegata per dissetare e accudire gli animali torna nell'ambiente sotto forma di letame e di acque di scarico. Le feci del bestiame contengono una considerevole quantità di sostanze nutritive [azoto, fosforo, potassio], residui di medicinali, metalli pesanti e agenti patogeni” (pag. 136) 1 . Questi rifiuti vanno a finire nei ruscelli e nei fiumi, inquinando le sorgenti e causando malattie che infettano tutte le specie. Proprio come ci ha ammonito il Buddha, stiamo mangiando la carne di nostri figli e dei nostri nipoti. Stiamo mangiando la carne delle nostre madri e dei nostri padri. Stiamo mangiando il nostro pianeta Terra. Il Sutra della carne del figlio dovrebbe essere messo a disposizione di tutti per la lettura e per la pratica. La raccomandazione delle Nazioni Unite è chiara: “ L'impatto ambientale per unità di produzione di bestiame deve essere ridotto della metà anche solo per scongiurare un aumento del livello di nocività oltre l'attuale.” (pagina XX) 2 . Dobbiamo ridurre almeno del 50% la produzione industriale di carne e dobbiamo consumarne il 50% in meno. Le Nazioni Unite riportano inoltre che anche riducendo del 50% l'allevamento del bestiame dovremo comunque impiegare nuove tecnologie, per far sì che il resto del settore crei meno inquinamento, ad esempio selezionando diete alimentari per gli animali che riducano la fermentazione intestinale e le conseguenti emissioni di metano, ecc. Misure urgenti devono essere intraprese a livello sia collettivo che individuale. In qualità di famiglia spirituale e di famiglia umana, noi tutti possiamo evitare il riscaldamento globale con la pratica di mangiare in consapevolezza. Diventare vegetariani può essere la via più efficace per combattere il riscaldamento globale..... Con amore e fiducia,
Thây
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mercoledì 21 ottobre 2009
venerdì 11 settembre 2009
Agricoltura biologica in Italia
(dal blog Tutti Sostenibili)
Per la prima volta l'Italia, fa sapere Coldiretti, ha perso il primato europeo nella produzione biologica a favore della Spagna. L'associazione di coltivatori diretti lo rende noto in occasione del Sana il Salone internazionale del naturale, nel sottolineare che la superficie nazionale interessata alla coltivazione nel 2008 ha subito una riduzione di circa il 12,8 per cento mentre il numero di produttori è calato del 2,6 per cento, nonostante l'aumento incoraggiante nei consumi del 5,4 per cento per i prodotti bio confezionati, sulla base dei dati Ismea/Sinab.
In Italia – sottolinea la Coldiretti - sono scesi a 42.037 i produttori di biologico mentre la superficie biologica coltivata, in conversione o interamente convertita, si è ridotta nel 2008 a poco piu' di un milione di ettari rispetto a quasi 1,3 milioni di ettari (oltre la metà in Andalusia) raggiunti dalla Spagna.
E' l'effetto - denuncia la Coldiretti delle importazioni extracomunitarie di biologico che sono triplicate negli ultimi due anni e vengono spesso “spacciate” come Made in Italy per la mancanza dell'obbligo di indicare la reale origine in etichetta. Le importazioni da paesi extracomunitari sono passate - sottolinea la Coldiretti - da 31 milioni di tonnellate del 2006, a 60 milioni di tonnellate del 2007 fino alle 90 milioni di tonnellate del 2008 Si tratta - spiega la Coldiretti - per oltre la metà di cereali proveniente sopratutto da paesi asiatici, di ortaggi africani, di colture industriali come la colza che vengono dall'est Europa, di frutta che arriva principalmente dall'America del sud e di prodotti trasformati nell'America centromeridionale ed in Africa.
L'attuale normativa europea prevede - denuncia la Coldiretti - un elenco di paesi extracomunitari (Argentina, India, Australia, Svizzera, Israele) la cui legislazione in materia di coltivazione, certificazione e commercializzazione dei prodotti biologici è stata riconosciuta equivalente al regolamento dell'Unione Europea anche se la maggioranza delle importazioni di prodotti biologici avviene ancora in base alle cosiddette "autorizzazioni d'importazione", rilasciate dalle autorità competenti dei singoli Stati Europei seguendo procedure che si basano esclusivamente sulla documentazione, senza effettuare controlli a campione in loco.
E' evidente il rischio - continua la Coldiretti - che vengano immessi sul mercato prodotti biologici che non rispettano gli stessi standard di quelli europei che peraltro vengono spacciati come Made in Italy per la mancanza dell'obbligo di indicare la provenienza in tutti i prodotti.
Di fronte a questa situazione occorre intervenire - sottolinea la Coldiretti - con misure di trasparenza introducendo al piu' presto il marchio del biologico italiano per consentire ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevoli sulla reale origine del prodotto acquistato. Un marchio necessario anche per distinguere - precisa la Coldiretti - la produzione italiana che resta totalmente esente da Ogm nonostante il fatto che la normativa comunitaria abbia previsto la anche i prodotti biologici livelli minimi di contaminazione. Occorre, in ogni caso, che sia reso trasparente l'elenco degli importatori e accessibile la conoscenza delle quantità e della provenienza delle singole categorie di merci in modo da valutarne anche l'impatto in termini di emissione di anidride carbonica poiché - secondo la Coldiretti - solo i prodotti biologici che siano effettivamente ottenuti da coltivazioni e allevamenti territoriali sulla base della formula del Km 0 possono, in realtà, riconoscersi compatibili con i principi del Protocollo di Kyoto e in linea con le attese dei consumatori di ridotto impatto ambientale.
Per la prima volta l'Italia, fa sapere Coldiretti, ha perso il primato europeo nella produzione biologica a favore della Spagna. L'associazione di coltivatori diretti lo rende noto in occasione del Sana il Salone internazionale del naturale, nel sottolineare che la superficie nazionale interessata alla coltivazione nel 2008 ha subito una riduzione di circa il 12,8 per cento mentre il numero di produttori è calato del 2,6 per cento, nonostante l'aumento incoraggiante nei consumi del 5,4 per cento per i prodotti bio confezionati, sulla base dei dati Ismea/Sinab.
In Italia – sottolinea la Coldiretti - sono scesi a 42.037 i produttori di biologico mentre la superficie biologica coltivata, in conversione o interamente convertita, si è ridotta nel 2008 a poco piu' di un milione di ettari rispetto a quasi 1,3 milioni di ettari (oltre la metà in Andalusia) raggiunti dalla Spagna.
E' l'effetto - denuncia la Coldiretti delle importazioni extracomunitarie di biologico che sono triplicate negli ultimi due anni e vengono spesso “spacciate” come Made in Italy per la mancanza dell'obbligo di indicare la reale origine in etichetta. Le importazioni da paesi extracomunitari sono passate - sottolinea la Coldiretti - da 31 milioni di tonnellate del 2006, a 60 milioni di tonnellate del 2007 fino alle 90 milioni di tonnellate del 2008 Si tratta - spiega la Coldiretti - per oltre la metà di cereali proveniente sopratutto da paesi asiatici, di ortaggi africani, di colture industriali come la colza che vengono dall'est Europa, di frutta che arriva principalmente dall'America del sud e di prodotti trasformati nell'America centromeridionale ed in Africa.
L'attuale normativa europea prevede - denuncia la Coldiretti - un elenco di paesi extracomunitari (Argentina, India, Australia, Svizzera, Israele) la cui legislazione in materia di coltivazione, certificazione e commercializzazione dei prodotti biologici è stata riconosciuta equivalente al regolamento dell'Unione Europea anche se la maggioranza delle importazioni di prodotti biologici avviene ancora in base alle cosiddette "autorizzazioni d'importazione", rilasciate dalle autorità competenti dei singoli Stati Europei seguendo procedure che si basano esclusivamente sulla documentazione, senza effettuare controlli a campione in loco.
E' evidente il rischio - continua la Coldiretti - che vengano immessi sul mercato prodotti biologici che non rispettano gli stessi standard di quelli europei che peraltro vengono spacciati come Made in Italy per la mancanza dell'obbligo di indicare la provenienza in tutti i prodotti.
Di fronte a questa situazione occorre intervenire - sottolinea la Coldiretti - con misure di trasparenza introducendo al piu' presto il marchio del biologico italiano per consentire ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevoli sulla reale origine del prodotto acquistato. Un marchio necessario anche per distinguere - precisa la Coldiretti - la produzione italiana che resta totalmente esente da Ogm nonostante il fatto che la normativa comunitaria abbia previsto la anche i prodotti biologici livelli minimi di contaminazione. Occorre, in ogni caso, che sia reso trasparente l'elenco degli importatori e accessibile la conoscenza delle quantità e della provenienza delle singole categorie di merci in modo da valutarne anche l'impatto in termini di emissione di anidride carbonica poiché - secondo la Coldiretti - solo i prodotti biologici che siano effettivamente ottenuti da coltivazioni e allevamenti territoriali sulla base della formula del Km 0 possono, in realtà, riconoscersi compatibili con i principi del Protocollo di Kyoto e in linea con le attese dei consumatori di ridotto impatto ambientale.
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giovedì 26 marzo 2009
Africa!
Sei hai l'animo sensibile non guardare questo video. Ma se lo fai, dopo, chiediamoci cosa possiamo fare per cambiare e fare in modo di non "dover" vedere mai più immagini così.
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sabato 20 dicembre 2008
Pesticidi nei succhi di frutta: non ci sono regole!!
Carbendazim, tiabendazolo, imazalil e malatione sono solo alcuni antiparassitari trovati nei succhi di frutta: in quantita' in media 300 volte superiore al livello di residuo massimo fissato dall'Ue per l'acqua potabile. Uno studio dell'Universita' di Jae'n, Spagna, e' il primo a riportare dati sulla concentrazione di pesticidi in bevande analcoliche a base di frutta. I ricercatori hanno analizzato oltre cento campioni di marchi a distribuzione mondiale di quindici diversi Paesi. L'Unione europea ha stabilito limiti molto severi per la concentrazione di pesticidi nell'acqua e nei prodotti freschi, ma non per le bevande imbottigliate a base di ortaggi. I peggiori sono risultati i succhi di frutta inglesi, i piu' ricchi di pesticidi, seguiti da quelli spagnoli. In Italia i succhi sono migliori di quelli francesi, svizzeri e tedeschi, ma peggiori di quelli statunitensi e russi. Lo studio e' pubblicato su Journal of Analytical Chemistry. Secondo i ricercatori, tecniche piu' adeguate nella lavorazione industriale basterebbero a ridurre i rischi di tossicita' delle bevande. (Agr) (fonte: Corriere della Sera)
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